BIONEUROEMOZIONE


“Ci ammaliamo in modo incosciente, ne prendiamo coscienza e ci curiamo in modo incosciente.” -Enric Corberá-

Come afferma Enric Corberá, direttore dell’Istituto Spagnolo di Bioneuroemozione, “la bioneuroemozione studia il significato biologico dei sintomi che si manifestano nel nostro corpo, partendo dal presupposto che in natura tutto è informazione e, in qualche modo, quest’informazione si stabilisce attraverso l’apprendimento a livello incosciente”.

La bioneuroemozione indaga il modo ottimale come entrare nell’inconscio per modificare l’apprendimento, tramite la gestione delle emozioni. È ciò che Enric Corberá chiama “Arte del disimparare”.

Dietro ogni emozione c’è, quasi sempre, una convinzione che ci obbliga ad agire in un certo modo. Per questo è importante trascendere tale convinzione, se vogliamo curare la nostra vita.

Una delle basi della neurobioemozione è la ricerca dei pensieri irrazionali per curare le emozioni da essi prodotte. In questo consiste la Terapia Razionale Emotiva, creata da Albert Ellis.

Ellis parte dal presupposto che lo stato emotivo è causato dalla nostra interpretazione degli avvenimenti, e non dagli avvenimenti stessi. Se siamo capaci di modificare le nostre convinzioni e i pensieri irrazionali, saremo capaci anche di creare uno stato emotivo meno doloroso e più razionale.

Nella pratica, Albert Ellis lavora con 11 convinzioni irrazionali, le seguenti:

1. Ho bisogno di essere amato e di avere l’approvazione delle persone importanti;
2. Devo raggiungere il successo e non commettere errori;
3. Le persone che non si comportano nel modo giusto devono essere incolpate e castigate;
4. Le cose devono andare come io credo che debbano andare, altrimenti è un disastro;
5. L’infelicità umana è causata da agenti esterni, io non la controllo; quindi non posso gestire la mia sofferenza e le mie preoccupazioni;
6. Devo preoccuparmi e controllare tutto ciò che c’è di pericoloso o minaccioso intorno a me;
7. Posso essere più felice se evito le difficoltà e le responsabilità della vita, invece di affrontarle;
8. Abbiamo bisogno di fidarci e dipendere da qualcuno più forte di noi;
9. Il mio passato è la causa di ciò che sono oggi, continua a influenzare i miei sentimenti e i miei comportamenti attuali;
10. Devo preoccuparmi degli altri quando hanno un problema, ed essere triste quando loro lo sono;
11. Ogni problema deve avere una soluzione ideale, e non raggiungerla è un disastro.

Tutte queste convinzioni ci sottomettono alla tirannia dei “devo” e i “dovrei”, che indicano che stiamo agendo solo perché ci sentiamo obbligati e non perché vogliamo fare certe cose, e questo produce emozioni negative.

(FONTE)


BIODECODIFICAZIONE EMOZIONALE

“L’individuo che ha dovuto lottare per nascere, si organizzerà poi nella vita perché tutto diventi qualcosa contro la quale lottare.” Arthur Janov , Empreinte.

Nella nostra cultura la malattia è vissuta come stato di un’aberrazione organica, di un inesplicabile sconvolgimento della salute e quindi non è assolutamente apprezzata, ma al contrario, detestata. Per gli atei è addirittura la prova dell’inesistenza di Dio.

Gli scienziati, nel tempo, hanno continuamente cercato di combattere questo “mostro” in modo sempre più aggressivo e forte, ma ci stiamo invece rendendo conto che sconfiggendo alcune forme patologiche, altre, diverse, si manifestano. Ancora oggi il cancro è considerato la manifestazione insensata di cellule impazzite e maligne e i microbi, i principali responsabili delle malattie. Partendo invece dal principio che in Biologia niente è legato al caso, la domanda che dobbiamo porci è:

La malattia a cosa serve?

Tutte le malattie sono causate da uno stress che porta ad un conflitto biologico, cominciano in seguito ad un preciso ordine dato dal cervello e sono d’origine genetica, essendo i geni portatori di memorie d’antichi adattamenti ad antichi conflitti. Guardando la malattia da questo nuovo punto di vista, essa ci appare sotto una luce diversa: essa adatta gli organi ai problemi non risolti del malato (reali, immaginari o simbolici, presenti ma anche passati, perché già vissuti dai nostri antenati) e questo adattamento serve inizialmente a salvarci la vita. E’ una risposta arcaica proposta da una parte del corpo ai problemi che l’essere vivente che non sa come risolvere; se il problema sparisce, anche la malattia è eliminata, su ordine del cervello, naturalmente. Ad esempio, l’infezione microbica rappresenta un modo molto rapido per rinnovare un organismo.

Durante i circa quattro miliardi d’anni, gli esseri viventi, obbligati a adattarsi continuamente, hanno elaborato alcuni stratagemmi che possiamo suddividere in tre categorie:

  • Uno stratagemma interno all’organismo (malattia organica).
  • Uno stratagemma comportamentale (malattia psicologica).
  • Uno stratagemma esterno (il destino, l’impatto dell’essere sul suo ambiente e viceversa, i suoi spostamenti e le sue azioni).

Questi stratagemmi apportano qualcosa in più all’individuo e alla propria linea generazionale. Rappresentano la soluzione ottimale della parte biologica silenziosa di ognuno di noi. Sono soluzioni prima di essere dei problemi. Ogni malattia comincia con un “risentito” (da” ressenti” in francese) particolare. Così come troviamo naturale ereditare dai nostri antenati alcune delle loro caratteristiche morfologiche, alcuni tratti del loro carattere, potremmo anche trovare naturale il fatto che ci trasmettano delle memorie di ciò che hanno “sentito”. Ereditando il ricordo degli stress dei nostri antenati siamo preparati a l’eventualità di rivivere gli stessi avvenimenti. Sopravvivere, anche da malati, significa guadagnare del tempo nella vita, per procreare, o per, grazie al proprio lavoro, la presenza, la conoscenza, aiutare il proprio clan. I nostri antenati vivono in noi e possiamo trovare nel nostro albero genealogico le radici della nostra malattia, quindi non è più l’organo malato che deve essere curato, ma il proprio vissuto e quello del proprio albero familiare. Non si tratta di combattere i sintomi o il destino, con tutti i mezzi aggressivi conosciuti, ma capire a cosa servono, quale problematica ci rivelano e quindi risolverla. Nel momento in cui un avvenimento inatteso è vissuto in isolamento con un “risentito” drammatico, l’individuo entra in stato di choc e attiva un conflitto biologico. In questo momento subentra lo stato di malattia (anche l’incompatibilità tra organismo ed un elemento esterno tossico, radioattivo, acido, corpo estraneo può costituire un conflitto biologico). La malattia non s’instaura però ogni volta che ci sentiamo stressati. Occorre che ci sia all’origine una serie di conflitti, sia nella prima parte della nostra vita, che in quella dei nostri ascendenti. Parliamo in questo caso di conflitti programmanti. Il conflitto che alla fine innescherà la malattia è chiamato conflitto scatenante e rappresenta la risonanza del conflitto programmante. Un conflitto piccolo scatenerà una piccola malattia; un conflitto grande porterà ad una malattia più importante. Di fronte allo stesso avvenimento quindi, ognuno, in base al proprio risentito, reagirà in modo diverso.

Il sistema simpaticotonico porterà ad un organo un messaggio da parte del cervello, inibendo o stimolando il rinnovo cellulare in base alla nuova funzione che dovrà svolgere. L’organo sarà interessato da una malattia “fredda” (senza febbre) e reagirà diversamente in base all’esatto risentito o alla risonanza del proprio albero genealogico. Questa malattia fredda permetterà all’individuo di:

  • Evitare una morte immediata.
  • Ottenere, di fronte ad un problema che non sa risolvere, l’aiuto di una parte del suo organismo. Rappresenta quindi un sistema di sopravvivenza

Le gerarchie, gli organigrammi della società, le credenze, le regole sociali, creando dei conflitti, inducono anch’esse programmi di malattia nelle popolazioni. E’ tuttavia più difficile comprendere il senso della malattia se crediamo che l’uomo sia apparso sulla terra così com’è oggi. Ad esempio, non riusciremmo a capire il senso di un cancro ai reni se non sapessimo che qualche milione d’anni fa l’uomo viveva sott’acqua e che abbiamo ereditato dai pesci la capacità di bloccare l’evacuazione dei liquidi. Quando un pesce si trova su una spiaggia, troppo lontano perché sia ripreso da un’onda, ha interesse a non disidratarsi e quindi sviluppa un carcinoma che impedisce l’evacuazione dei liquidi. L’uomo moderno, che vive drammaticamente la situazione d’essere allontanato dal suo ambiente, o che si trova in un ambiente ostile, dove deve ricominciare tutto da zero, senza denaro, può sviluppare questo tipo di cancro o programmare la propria discendenza in questo senso.

Ci sono quattro famiglie di conflitti biologici

1. Famiglia dei conflitti vitali: Riguardano gli organi che si occupano dei bisogni primari dell’individuo: l’ossigenazione del sangue (paura di soffocare, della morte), la nutrizione (paura della mancanza del rispetto, del cibo, dei soldi), la procreazione (perdita di bambini), la digestione (tendenza a “rimuginare”, che influisce sullo stomaco), l’eliminazione (non poter dimenticare un avvenimento negativo, non poter perdonare).

2. Famiglia dei conflitti di protezione: Quando l’individuo è in grado di soddisfare i suoi bisogni primari, cerca la sicurezza. Il confitto di paura di essere aggrediti riguarda gli organi che proteggono (pleura, peritoneo, meningi, pericardio, derma ecc.) e può scaturire da un insulto, uno sguardo aggressivo, un contatto spiacevole, un colpo fisico reale, una contaminazione da microbi, un’aggressione sessuale ecc.

3. La famiglia dei conflitti di svalutazione: Dopo l’urgenza vitale e la sicurezza, l’individuo ha bisogno di ricerca e per questo di una organizzazione (scheletro) per muoversi, del gruppo, del calore della tribù. Quando egli si confronta con gli altri, sviluppa un “conflitto di svalutazione” che riguarda gli organi di struttura dell’uomo (alcune parti dell’osso, il sangue, i tendini, i muscoli, il tessuto connettivo ecc.) e se non si sente protetto e difeso, entra in scena il sistema linfatico.

4. La famiglia dei conflitti di relazione, del territorio: Dopo che i bisogni primari, di sicurezza, d’appartenere ad un clan e di esplorare il proprio universo sono soddisfatti, l’individuo vuole crearsi un territorio stabile, desidera avere delle relazioni, del piacere. In questo caso sono coinvolti organi che conducono informazioni, come il sangue, alcune parti del tubo digestivo, i bronchi, la laringe, il reticolo biliare, i nervi, l’epidermide, il collo dell’utero ecc. I problemi legati al territorio possono essere di natura diversa per ognuno, e far scaturire emozioni differenti, dal rancore, alla frustrazione, alla paura.

Il “risentito” drammatico di fronte ad un avvenimento non è mai il risultato di un’analisi razionale e oggettiva della situazione, ma il re-insorgere di un conflitto molto antico instauratosi nella memoria dell’individuo. Quando la persona reagisce in modo sproporzionato rispetto all’importanza dell’avvenimento, ci troviamo di fronte ad una vecchia storia che riaffiora.

Malattia e Destino

L’origine del destino, risale, come la malattia, alla notte dei tempi. Il destino incatena l’individuo e lo obbliga ad andare in una certa situazione, a vivere un determinato avvenimento. Ribellarsi ad un destino avverso lottando contro di esso può rappresentare una perdita in partenza. Un anti-destino è in ogni caso un destino.

La cosa più saggia da fare è seguire la corrente, imparando a conoscerla e ottenere una traiettoria più soddisfacente per noi. La comprensione ci libera e riuscire a comprendere il proprio destino ci aiuta a guadagnare più libero arbitrio, e soddisfare bisogni non ancora soddisfatti. Come la malattia ha un senso per la sopravvivenza, i nostri comportamenti, il nostro cammino nella vita, ciò che facciamo e ciò che non riusciamo a fare ha senso per la sopravvivenza della nostra discendenza.

La personalità di un individuo è la risultante del “risentito” alla nascita e nei primi anni di vita. Con questa personalità egli sviluppa le proprie programmazioni nel corso della vita e l’educazione ricevuta, con tutti i suoi tabù, le nevrosi familiari o della collettività interferiranno nel destino della discendenza.

Prendere coscienza di quello che i nostri antenati hanno vissuto, di ciò che ha programmato le nostre sfortune e le nostre fortune, non significa condannarli o accusarli, ma comprendere che si può guarire ed evolvere. Non ci sono né vittime, né colpevoli. Anche se questo “sistema” non sembra essere una buon’opportunità per l’individuo, rappresenta l’unico modo di salvezza della linea generazionale. Essere informati dei processi trans-generazionali, significa sentirsi più vivi, più protagonisti, più coscienti e la nostra capacità d’intervenire sul nostro destino comincia a crescere, il cammino della nostra vita diventa più luminoso. Evolvere a questo punto implica porsi delle domande: Ciò che sto facendo/scegliendo, è ciò che mi farà felice o è una scelta per fedeltà al cammino tracciato dal mio albero genealogico? Autorizzarsi a pensare diversamente dalla propria famiglia d’origine, comprendere che non possiamo cambiare gli altri, ma possiamo benissimo cambiare noi stessi, creare la nostra realtà, ci permette d’accedere al libero arbitrio. Inoltre, saper accettare con tranquillità ciò che ci sta accadendo, permette di visualizzare con fiducia ciò che desideriamo per il nostro futuro.

Sia che dobbiamo guarire da un comportamento psichiatrico, da un effetto non desiderato del nostro destino o da una malattia, oppure fare della prevenzione, la procedura è sempre la stessa. La guarigione di un gruppo, di un popolo, di una nazione e dei suoi comportamenti problematici passa dallo stesso tipo di ricerca terapeutica:

Processo della malattia e d’auto-guarigione

Informazione stressante memorizzata + avvenimento catalizzatore.

Malattia organica o comportamentale, percorso di vita.

Presa di coscienza, informazione contraria.

Guarigione.

Il “manifestato”, la malattia o il destino dell’individuo, esprimono la storia del suo albero genealogico e di ciò che lo minaccia. Rappresentano anche il legame con la realtà interiore dell’individuo, il suo immaginario ed il simbolico. Guarire definitivamente implica quindi un cambiamento del paesaggio interiore, un “lasciar andare”. Qualche volta la guarigione può arrivare da un perdono, un’accettazione, una decisione ferma. La malattia è la soluzione di un conflitto e il conflitto nasce da un’illusione, quindi uscire dall’illusione è molto terapeutico. Come possiamo vedere l’armonia del mondo se abbiamo dei vetri deformanti davanti agli occhi?

Vuoi guarire? Sappi innanzi tutto che la malattia ti ha evitato di morire… Vuoi raggiungere il tuo scopo nella vita? Abbi cognizione tuttavia che il tuo destino corrisponde, punto per punto, ai bisogni dei tuoi antenati…”

FONTE: La Decodifica Biologica di: Tamara Macelloni

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